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Accessibilità digitale: cosa cambia dal 28 giugno 2025

Accessibilità digitale: cosa cambia dal 28 giugno 2025
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24/03/2025

Dal 28 giugno 2025, l'accessibilità non sarà solo un valore etico ma diventerà un obbligo di legge

Accessibilità digitale: cosa cambia dal 28 giugno 2025

Dal 28 giugno 2025, l'accessibilità non sarà solo un valore etico ma diventerà un obbligo di legge

C'è una data che le imprese non possono più ignorare: 28 giugno 2025. Da quel momento, l’accessibilità digitale non sarà più solo un valore etico, ma un obbligo di legge. A stabilirlo è la Direttiva (UE) 2019/882, meglio conosciuta come European Accessibility Act. Una normativa che segna un cambio di passo profondo nel modo in cui i prodotti e i servizi digitali dovranno essere progettati, realizzati e offerti. 

L’accessibilità come diritto: cosa prevede l’EAA 

Il cuore della direttiva è chiaro: garantire pari accesso alle tecnologie a tutte le persone, incluse quelle con disabilità. Non si tratta solo di una questione tecnica. È una rivoluzione culturale che punta a rendere l’inclusione digitale un principio strutturale dell’economia europea. L’European Accessibility Act nasce per armonizzare le normative esistenti, colmare le lacune lasciate dalla precedente Direttiva (UE) 2016/2102 e portare l’accessibilità anche nel settore privato. Fino a oggi, infatti, l’obbligo riguardava solo il settore pubblico. Ma dal 28 giugno 2025, le cose cambieranno. 

A chi si rivolge la direttiva europea sull’accessibilità digitale? Il provvedimento coinvolge tutte le imprese che introducono sul mercato prodotti o servizi digitali a partire dalla data di entrata in vigore. Ma non si ferma qui. Anche chi aggiorna o modifica sostanzialmente prodotti già esistenti dovrà adeguarsi. La normativa distingue chiaramente tra microimprese e PMI. Le prime, ossia aziende con meno di 10 dipendenti e un fatturato inferiore a 2 milioni di euro, sono escluse dagli obblighi. Le seconde, invece, rientrano pienamente nel campo di applicazione. Tuttavia, esiste una clausola importante: l’onere sproporzionato. Se per una PMI adeguarsi comporta costi eccessivi rispetto ai benefici attesi, è possibile chiedere un’esenzione. Ma serve una documentazione solida e aggiornata, da conservare per almeno cinque anni. 

Quali prodotti e servizi rientrano nell’European Accessibility Act?

La portata della direttiva è ampia. L’obiettivo è rendere accessibili tutte le principali interfacce digitali utilizzate quotidianamente. Dai siti web alle app mobili, passando per servizi bancari, e-commerce, e-book, piattaforme di trasporto e sistemi di emergenza. 

Tra i prodotti coinvolti ci sono: 

Sistemi informatici e hardware

Terminali self-service come totem, sportelli automatici o biglietterie digitali

Dispositivi per media audiovisivi e comunicazione elettronica

Lettori di e-book 

E tra i servizi, la lista è altrettanto corposa: 

Siti e app per la comunicazione elettronica

Servizi bancari per il consumatore

Trasporti pubblici (ferrovia, aerei, autobus)

Servizi di e-commerce

Sistemi digitali per la gestione delle chiamate di emergenza al numero unico 112

E-book e piattaforme editoriali In sostanza, ogni esperienza digitale rivolta al consumatore finale dovrà essere accessibile. 

Nessuna eccezione, se non per i contenuti “archiviati”, ovvero quelli non aggiornati dopo il 28 giugno 2025. 

Come adeguarsi alla normativa: una sfida da affrontare subito

Per molte aziende, il primo passo è la valutazione dello stato attuale dell’accessibilità. Questo significa verificare se il proprio sito, app o servizio digitale è conforme alle WCAG (Web Content Accessibility Guidelines), lo standard di riferimento internazionale. Chi non è in linea, dovrà avviare progetti di redesign e sviluppo inclusivo. Non si tratta solo di introdurre testi alternativi alle immagini o aumentare il contrasto cromatico. Serve un cambio di prospettiva: progettare pensando a tutte le abilità, fin dall’inizio. L’adeguamento richiede tempo, risorse e competenze specifiche. Per questo è fondamentale partire subito, prima che la scadenza arrivi a ridosso. 

Accessibilità digitale: perché conviene anche al business

Rendere accessibili i propri prodotti e servizi non è solo un obbligo. È un vantaggio competitivo. Un sito inclusivo raggiunge più utenti. Un’app accessibile aumenta la fidelizzazione. Un servizio bancario fruibile da tutti costruisce fiducia e reputazione. Le statistiche parlano chiaro. In Europa, una persona su quattro convive con una forma di disabilità. Ignorare questi utenti significa escludere milioni di potenziali clienti. E oggi, con l’EAA, diventa anche illegale. Inoltre, l’accessibilità migliora l’esperienza utente per tutti. Più chiarezza, più usabilità, più semplicità. Un investimento che produce risultati tangibili in termini di SEO, conversioni e fidelizzazione. 

Il futuro dell’accessibilità digitale: tendenze e scenari

L’accessibilità non è una moda passeggera. È una trasformazione strutturale, spinta dalla tecnologia e dalla legislazione. Nei prossimi anni, assisteremo a un’evoluzione profonda delle modalità con cui si progetta l’interazione uomo-macchina. L’intelligenza artificiale permetterà di personalizzare le interfacce digitali in base alle esigenze specifiche dell’utente. Gli assistenti vocali diventeranno più empatici. Le interfacce visive si adatteranno in tempo reale alle capacità cognitive. La realtà aumentata e virtuale aprirà nuovi scenari inclusivi. Pensiamo a esperienze immersive per chi ha difficoltà motorie o sensoriali. Anche l’Internet of Things renderà le abitazioni e gli ambienti lavorativi più intelligenti, capaci di adattarsi automaticamente. E poi c’è la spinta normativa. Sempre più governi stanno inserendo l’accessibilità digitale nei loro standard minimi. L’Italia non fa eccezione. Presto, chi non si adegua, rischierà sanzioni e penalizzazioni di immagine.

(fonte immagini: dunp)

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