Intervista a Veronica Gentili, esperta di Facebook Ads
La passione per i social sin da piccola, il percorso che l'ha portata a fare dei social il suo lavoro e tanti consigli e suggerimenti.
Il secondo tassello del nostro ciclo di interviste è una persona, una donna, energica che ha fatto della passione per i social la sua professione tanto da diventare un punto di riferimento per molti nel panorama delle Facebook Ads. Stiamo parlando di Veronica Gentili: esperta, consulente e docente in Web e Social Media Marketing. Leggete questa interessante intervista e… prendete appunti!
Abbiamo scoperto, cercando notizie online su di te, che la tua passione per i social inizia da giovanissima, quando all'età di 13 anni ricevi in regalo da tuo papà il primo modem. Quando hai capito che questa parte legata ai social sarebbe diventata la tua professione? Qual è stato il passaggio da hobby a professione?
Sapevo che mi piaceva molto il mondo dei social, ho fatto anche la mia tesi di laurea sui social network, sulle implicazioni che avevano per i ragazzi e per gli adolescenti. In realtà volevo fare la psicologa e poi sono finita a fare tutt'altro. Mi ricordo che lavoravo in Inghilterra - si parla di 6/7 anni fa - e osservavo, sapendo che sarei tornata. Avevo già l'agenzia di marketing e comunicazione con mio padre (la Glisco Marketing, ndr), eravamo in piedi da un po' e però mi dissi "secondo me c'è una grande opportunità di business su questi social, allora perché non unire quella che è una mia grande passione con quella che può essere un'opportunità di business?". Così iniziai a studiare, studiavo i profili più interessanti, i vari influencer. Sai, 6/7 anni fa iniziava ad esserci interesse verso i social ma sul lato business non era una cosa sdoganata, eri sempre un ragazzino che stava al computer. Capii di non voler restare. Io sono di Grosseto, una piccola città nella Maremma, che è meravigliosa come stile di vita ma chiaramente molto piccola. Qui non ci sono grandi aziende e grandi realtà. Mi dissi: "Io non voglio essere una persona da 7". Poi ovviamente è tutto commisurato al budget, perché è chiaro che con certi budget puoi fare cose fatte bene, con altri no perché non c'è possibilità di movimento. Io volevo diventare brava, ma veramente brava, lavorare con aziende importanti e per farlo dovevo uscire da lì, guardarmi intorno. Dovevo andare oltre quello che è il contesto provinciale. Però appunto la decisione di quale strada prendere, in cosa specializzarmi, l'ho presa quando ero in Inghilterra e quando ho avuto questa ispirazione vedendo come si stavano muovendo le cose.
Quindi da lì è partito questo tuo interesse. E perché ti sei focalizzata in particolare su Facebook? Pensi che ci sia più interesse verso questo social rispetto che ad altri? Legato anche al business naturalmente..
È stato un discorso di preferenza personale unita a quella che secondo me era la richiesta di mercato. A me Facebook piaceva tantissimo, mi sono iscritta nel 2007/2008. Ero proprio fissata con i social network, le prime forme embrionali, da Badoo a Messanger (msn): ho sperimentato tutti i primi social verticali che erano proprio tenuti su piattaforma, in cui eri solo un nickname. Mi piaceva tutta questa evoluzione. Su Facebook ai tempi, nel 2007/2008, non c'era molta gente, eravamo davvero "quattro anime", però vidi che aveva avuto questo grande boom, questa grande crescita e mi piaceva molto come meccanismo. Fu proprio vedendo l'evoluzione che stava avendo che capii che secondo me la maggiore richiesta di mercato sarebbe stata lì. C'erano tanti altri social già - c'era Tinder, c'era Foursquare - di mainstream ce ne erano diversi però nessuno aveva le peculiarità di Facebook e quindi mi sono detta "uniamo quella che è una mia preferenza personale con quella che è una richiesta di mercato".
Ritrovi anche oggi questa cosa? Pensi che l'evoluzione del business su Facebook non si fermerà? Credi che ci saranno altri social che potranno eguagliare questa crescita in ambito advertising?
Ho seguito anche la crescita delle varie piattaforme pubblicitarie che ci sono sul lato social e un po' le ho provate, la maggior parte, e posso dire che nessuna riesce a dare per adesso la complessità e la precisione, ma anche l'usabilità, che riesce a dare Facebook. Nasceranno anche altri social sicuramente: ultimamente abbiamo visto il boom che c'è stato di Snapchat e quanto viene utilizzato, anche se in Italia le statistiche dicono che poi utilizzatissimo non è. Ci saranno anche altri social network ma la complessità, il know how e la velocità di cambiamento che ha Facebook io in questo momento non lo vedo da nessuna altra parte. Parlo proprio della capacità di adattamento che ha Facebook di seguire poi quelli che sono i feedback e di entrare capillarmente in altri spazi: si sta muovendo sul fronte televisivo, sta arrivando a contaminare gli altri settori. Credo che questa specificità che ha Facebook difficilmente sarà replicabile, sicuramente ne nasceranno altri ma faremo fatica ad arrivare a 2 miliardi di utenti, credo che non sarà così semplice.
In un messaggio pubblicitario su Facebook, quanto conta la creatività e quanto la parte copy. Se dovessi dire una % tra creatività e copy cosa diresti?
Per la mia esperienza posso dire che un 40% lo fa l'audience, un 40% lo fa la parte visuale e poi viene tutto il resto, in genere. Poi ovviamente dipende: mi è capitato qualche giorno fa di fare una consulenza su delle campagne dove cambiando solamente la CTA diminuiva il costo di acquisizione del 60%. Questo per dire che dipende sempre da molti fattori, ci sono varie specificità. Per me la parte visuale è quella fondamentale perché dobbiamo pensare che la persona sta lì e si sta facendo i fatti suoi - intendo nella sezione notizie di Facebook, il posizionamento principale - e quello che poi effettivamente gli fa fermare l'attenzione e che viene processato iper-velocemente è la parte dell'immagine o del video, la parte visuale. Quindi io, generalmente, trovo fondamentale questa parte qui. Chiaramente deve essere significativa per il target giusto. Se mostro uno strumento acustico fighissimo, innovativo, e lo vede uno specialista in acustica subito si ferma perché lo riconosce, se ha delle caratteristiche note a lui, mentre se lo vedo io non mi dice nulla: deve essere ovviamente rilevante per quella specifica tipologia di persona. Però ecco direi che un buon 40% lo fa sicuramente la parte visuale.
Che consigli dai alle aziende che si affacciano per la prima volta all'Advertising su Facebook? Quali sono gli step da seguire prima di una campagna su Facebook?
In Agenzia abbiamo un protocollo nella creazione delle campagne che poi è quello che insegno anche ai corsi. La prima cosa fondamentale è capire la dinamica e capire che non è uno spazio pubblicitario media tradizionale. Se tu prendi e trapianti la campagna media dell'anno pensata per la televisione e per la stampa e la metti su Facebook, difficilmente avrai grossi risultati per quanto tu sia un grosso brand, iperconosciuto. Se non differenzi difficilmente avrai buoni risultati. Prima di tutto, bisogna avere ben chiaro quale è l'obiettivo e soprattutto cosa chiediamo alle persone di fare perché spesso la gente arriva e pensa di vendere immediatamente su Facebook: "faccio un annuncio, vendo un corso da 1500 euro, lo prendo, lo piazzo, secondo me il cliente medio di questa cosa sarà tra i 20-45 anni e ha studiato x". Ma questo non basta, devo avere ben chiaro in che fase si trova quella persona e se è nella fase pronta a fare quella tipologia di azione. Se non lo è, come succede spesso - se io vedo un corso difficilmente lo prendo e lo compro a meno che non sto in una situazione particolare - mi devo creare un funnel di conversione attraverso i miei annunci, quindi magari lavorare di lead generation e poi attraverso i pubblici personalizzati portarli a conversione. Devo avere prima molto ben chiaro quale è la persona che voglio raggiungere e cosa gli chiedo di fare, se è pronta a fare lo step che gli sto chiedendo e quindi magari non lo chiedo a quello che non conosco. Visto che gli sto chiedendo di fare qualcosa che presuppone da un desiderio, una conoscenza, lo chiedo a chi ha visitato il mio sito web o anche pubblici personalizzati che già mi conoscono, per esempio, e poi da lì penso a sviluppare una creatività, e soprattutto testarla, che mira a far sì che queste persone facciano l'azione che gli viene richiesta. Quindi, l'obiettivo è la definizione del target: c'è tutto uno studio che mi porta a cercare di capire tramite quali caratteristiche lo posso raggiungere, quanti segmenti posso creare. Magari voglio testare un pubblico simile perché ho già un database clienti contro un pubblico a freddo creato per caratteristiche però prima di tutto devo pensare a tutte quelle che sono le caratteristiche di questa buyer persona e trovarle all'interno del motore che mi offre Facebook per interessi, per comportamenti, per caratteristiche demografiche. Devo avere ben chiaro questo. In genere ai nostri clienti, ovviamente dopo l'intervista, viene dato proprio un documento in cui devono dirci, per categorie, quelle che sono le caratteristiche in modo che noi le possiamo ricostruire e crearci un pubblico da raggiungere: la fase di ricerca è molto importante. Poi si crea una creatività ad hoc in base ai formati che sceglierò, ovviamente, in base all'obiettivo: se voglio fare awareness pura magari mi vado a scegliere un video o una canvas, non mi vado a scegliere un link esterno (non mi interessa rimandarli all'esterno in quel caso). Poi deciderò cosa testare, anche in base al budget ovviamente: se ho 100 euro al giorno di budget non posso pensare di fare 75 test perché non può uscirne niente di buono.
Ne parli anche nel tuo ultimo libro. Ti chiediamo 3 suggerimenti/consigli che dai per redigere un buon piano editoriale.
Anche qui è fondamentale avere chiaro quale è la persona o le varie tipologie di audience che vogliamo raggiungere e a quali bisogni/desideri possiamo rispondere tramite la nostra presenza su Facebook. Questo è fondamentale perché se io vendo brucole e tutti i giorni pubblico un modello di brucola diverso, mandando indirettamente il messaggio "compra, compra, compra", diventa una vetrina e non mi considera nessuno; non lo fanno nemmeno i loved mark figuriamoci se si può permettere di farlo la ferramenta vicino casa, per capirci. Dobbiamo creare un piano in modo da poter stimolare, quindi coinvolgere anziché convincere, in tutti i modi l'interesse delle persone e portarlo verso il nostro prodotto. Quindi magari non ti dico "compra questa brucola" ti dico come montare una determinata cosa che so che è una cosa che ti interessa e ti parlo anche del prodotto. Questo non significa che bisogna fare solo contenuti o fare il giullare della situazione, poi si va nella sindrome da imitazione di "Taffo" e di "Ceres" che di per sé non hanno assolutamente niente di sbagliato però noi non siamo lì semplicemente per beccarci miliardi di condivisioni ma di fatto siamo per vendere, per tenere i clienti e per acquisirne di nuovi, ecc. Quindi dobbiamo riuscire a creare un piano pensando a quali sono i contenuti e in quali formati possiamo declinare per avvicinare le persone, in base ai nostri obiettivi. È chiaro che se devo fare brand awareness i contenuti e i formati che userò mireranno alla condivisione, alla reiterazione dei contenuti perché mi voglio far conoscere e quindi sicuramente dovrò puntare su formati ad alto tasso di viralità che sono appunto i formati visuali, video, cose che quelle persone riconoscono e vanno a condividere. È chiaro che se voglio portare traffico qualificato al sito dovrò puntare su contenuti di rimando al mio sito web, quindi il blog è fondamentale, deve prescindere da quello. Posso appunto raccontare i miei prodotti e creare dei contenuti che portino le persone a conoscerli e ad acquisire dell'interesse ma soprattutto a far acquisire autorevolezza al brand: accompagnarli anche all'acquisto.
Sei molto attiva sul blog e sicuramente sei diventata un riferimento nel settore anche perché aggiorni costantemente tutti gli utenti con notizie e spunti interessanti, illuminanti e in tempo reale. Come ci spieghi questa tua scelta?
Questa scelta è dovuta al fatto che per come abbiamo deciso di strutturarci abbiamo scelto di "creare il giardino in modo che le farfalle vengano a te e non che tu debba andarle a raccattare in giro per il mondo". Abbiamo scelto di lavorare su questo anche perché lavoriamo in un settore ad altissima competitività ed è molto difficile anche da parte dei clienti avere fiducia e soprattutto qualificare il professionista per capire che in effetti Veronica è specializzata in un lavoro importante che necessita di determinate competenze. In questo diventa utile chiaramente rimanere top of mind, fa parte della strategia anche questo: riuscire a essere sempre top of mind come esperto di x piuttosto che riferimento di y ma anche di curare le tue competenze nei confronti di quello che può essere il tuo potenziale cliente, sia lato formazione che lato poi consulenza. Tutto rientra in questa tipologia di strategia che ci ha permesso poi negli anni di posizionarci e di riuscire ad avere anche costantemente richieste che arrivano da una clientela molto consapevole perché poi quando ti arriva questa tipologia di cliente, che comunque ti segue da tanto tempo, diventa meno importante la variabile prezzo; diventa tutto molto più semplice anche da gestire.
Trovi ancora diffidenze sull'utilizzo di Facebook come strumento di business o pensi che stiamo andando in una direzione più di accoglienza di questa attività?
L'ignoranza dei primi anni non c'è più fortunatamente. È raro che ti vengano a dire "ma quello è solo un luogo di svago". Fortunatamente è un atteggiamento sempre più raro. Quello che però spesso non è chiaro è quante competenze servano e il fatto che comunque sono media a pagamento a tutti gli effetti, non sono "posti" dove la visibilità è gratis né per la micro azienda né per la grande azienda. Questo lo potevi pensare fino a 6/7 anni fa, perché comunque c'era una visibilità organica abbastanza interessante, ora è abbastanza rischioso mettersi lì.
Cosa ne pensi dei contest?
I contest possono essere qualcosa di interessante però vanno fatti in maniera molto calcolata. Il punto è questo: un po' di tempo fa si poteva creare un fan gate, delle tappe in cui per partecipare ad un contest tu dovevi per forza diventare fan della pagina che faceva il contest. Facebook questa cosa l'ha tolta e non è banale il motivo per il quale l'ha tolta perché alla fine portava una marea di fan sulla pagina ai quali in realtà non fregava assolutamente niente dei contenuti e del prodotto ma lo facevano solo per partecipare a determinati contest o giveaway… tanti contest infatti vengono fatti per questo, per aumentare la notorietà. Quindi:
- o vengono fatti in maniera molto mirata per cui io do qualcosa che il mio potenziale cliente ritiene effettivamente interessante e quindi grazie a quel contest acquisisco notorietà, contatti, anche perché secondo me una delle cose principali dei contest è quella: acquisire contatti non tanto fan, acquisire dati per poi riutilizzarli per altre operazioni fine marketing;
- oppure meglio lasciar stare.
Inoltre, la normativa italiana è terrificante lato contest per cui c'è da fare una trafila mostruosa, una burocrazia noiosissima. Per questo va valutato e va fatto in maniera ponderata in modo che effettivamente non porti un rush di interazione da parte di gente che un domani non verrà mai da noi a meno che non sono brand come può essere una catena di alimentari e cercare soprattutto di acquisire dati grazie a queste iniziative.
Autrice di libri di successo, formatrice, docente, consulente: sei molto completa e punto di riferimento, come abbiamo detto prima. Quali sono invece i tuoi punti di riferimento? Influencer che segui o fonti di informazione..
La grandissima parte di quello che so e di quello che imparo la devo a soggetti di oltreoceano anche perché spesso hanno la fortuna di avere l'anteprima di cose che da noi arrivano dopo anni o non arrivano proprio mai perché vengono prima chiaramente testate e sviluppate da quelle parti. Io seguo tantissimo AdEspresso perché sono la community di esperti, al di là del fatto che ne faccio parte anche io e che collaboro con loro, con un'esperienza pazzesca in tutto il mondo, tantissime tipologie di campagne e da loro imparo moltissimo. Poi seguo altri autori, Jon Loomer per esempio, più o meno questa tipologia. Purtroppo in Italia non ce ne sono tantissimi iper-specializzati in questo campo per cui guardo "da quelle parti".
Per quanto riguarda la sfera “influencer” trovi che ci sia una penalizzazione sul fatto che sei una donna? Te lo chiedo perché è un argomento caldo tra i comunicatori. Pensi che ci sia un po' di difficoltà o non lo hai mai riscontrato?
Sento spesso molte donne che nei loro ambiti lavorativi vengono soverchiate da delle pratiche maschilistiche assurde, so che ci sono queste cose ed è una cosa tremenda e ridicola. Nel 2017 non si può sentire "meglio un uomo che una donna": è una cosa che non ha proprio appigli biologici e di alcun tipo. Io devo dire che fortunatamente fin da piccola sono stata cresciuta come una persona molto indipendente: ho 4 fratelli più piccoli, di cui siamo 2 maschi e 3 femmine, e siamo stati tutti cresciuti allo stesso modo. Sono sono sempre stata una persona molto indipendente che non ha mai vissuto questo problema uomo-donna, io ho fatto la mia strada e nella mia esperienza non mi è mai capitato che scegliessero quello perché è un uomo piuttosto che una donna. Questo è dovuto semplicemente alla mia esperienza di vita e all'ecosistema in cui sono cresciuta perché poi, ripeto, vedo delle cose assurde anche a grossi livelli aziendali dove perché sei donna non hai accesso a una determinata tipo di crescita piuttosto che a un ruolo, ma la cosa che mi mette tanta tristezza è che non hai la stessa autorevolezza: se lo dice un uomo ha senso se lo dice una donna no.
In rete non hai mai riscontrato questo?
Fortunatamente mi è capitato molto raramente di avere haters, di quelli che proprio ti si appiccicano e trollano qualsiasi cosa, questo probabilmente anche per il modo in cui mi interfaccio io. Io sono il tipo "meno rotture di balle possibili": se possiamo appianiamole il prima possibile, ci tengo al mio karma e non voglio perdere tempo in cose che non hanno senso. Mi è capitato qualche volta però stiamo parlando di gente proprio scocciata mentalmente perché non puoi metterti a offendere qualcuno che non conosci, per me è una cosa assurda, che non ha senso, perché ti stai basando sul niente rischiando di distruggere la reputazione di una persona perché se tutti iniziano a dire “quello è un cretino” ma nessuno di questi lo ha mai visto e ci ha mai lavorato insieme, rischi davvero di rovinare qualcuno. Fortunatamente mi è capitato molto raramente.
Un'ultima curiosità: quando sei in vacanza, in relax, sei connessa su Facebook? Ad Internet?
Io ho la fortuna di avere un'assistente in gamba che quando sono fuori si prende cura di tutto quello che potrebbe riguardare me. Anche io ho bisogno di staccare però stacco sul lato professionale non sul lato personale, che poi nel personal branding è tutto collegato. Quando sono andata in ferie, 15 giorni, condividevo e raccontavo. Capisco che molti sentano l'esigenza di questo digital detox però credo che ci siano tante declinazioni, la mia personale è staccare l'ambito professionale ma non su quello personale, visto che a me i social personalmente piacciono tanto.